Sostenibilità, lettera a me stesso
In un mondo che corre troppo, dove il rumore digitale nasconde il bisogno di verità, cerco un modo più semplice di stare insieme, di ascoltare e di rispettare la Terra che ci ospita. Non ho risposte, solo una speranza: scegliere ogni giorno la gentilezza e la cura, anche nelle piccole cose.

Cara vita,
mi scrivo da un tempo frammentato, dove ogni giorno sembra un palinsesto di notizie urlate, like svuotati e messaggi persi nel vuoto digitale. Cammino tra schermi che riflettono facce mai viste davvero, mentre fuori il mondo brucia, lento e silenzioso, come se l’urgenza della sostenibilità fosse solo un hashtag da cliccare.
Mi chiedo se siamo diventati così fragili da aver paura del silenzio, o se il rumore costante è solo un modo per nascondere quello che non sappiamo dire. C’è un’ansia sottile, fatta di scadenze, pixel e previsioni meteo impazzite, che ci spinge a correre senza meta, inseguendo un futuro che sembra sempre più incerto, mentre dimentichiamo che la vera rivoluzione è scegliere la sostenibilità come stile di vita, non come moda passeggera.
Eppure, in mezzo a tutto questo, c’è un desiderio antico che nessun algoritmo può cancellare: il bisogno di stare insieme, di sentirsi veri, al di là dei filtri, delle stories, dei like. Forse è questo il gesto più rivoluzionario che possiamo ancora compiere: rallentare, guardare negli occhi, ascoltare senza distrazioni, provare a sentire l’altro come un altro mondo, non come un profilo.
La Terra si spegne piano sotto i nostri passi, eppure continuiamo a raccontarci favole di progresso e infinito. Ma cosa resta se non impariamo a prenderci cura, a rispettare, a scegliere la gentilezza e la sostenibilità come forme di resistenza?
Non ho risposte, solo queste parole scomposte che lancio nel vento digitale, sperando trovino un cuore disposto a raccoglierle.
Con un filo di speranza,
un autore emergente