Sono da poco passate le 19, suona il citofono.

Sono loro.

Un sussulto, Lorenzo riaggancia immediatamente e non sente che nostro padre gli chiede di scendere per dar loro una mano a scaricare tutto.
Tutto cosa?

I due salgono carichi come muli, io e mio fratello ci guardiamo.

Samantha ci saluta sorridendo, non è una cattiva donna, è solo molto tonta.
Mi chiede come stiamo e come sta mio figlio, inizio a risponderle ma mio padre ci interrompe. Tutto inizia nel caos più assoluto e frenetico.

“Allora, qui ho portato pizza e salatini, pane alle noci, poi questo cos’è? Ragù di pesce spada…”

e lo allunga a mio fratello da mettere in frigo

“Questi sono pasticcini, ho preso anche il coltello di ceramica che poi ti lascio in eredità. Ho portato il salame, anzi apriamo il tuo che ti ho portato la settimana scorsa.”

Mio fratello non riesce a stargli dietro, la cucina è già sottosopra.

“Prendimi una pentola. No quella no, più grande! Ho portato i dadi per il brodo.”

E già che usi i dadi per fare il brodo…

Mi appoggio al divano ed inizio a strafogarmi di salatini.

C’è un piccolo particolare che ancora in pochi, pochissimi sanno.

Sono incinta.

Cerco un modo per evitare il salame, mio padre mi dà proprio due fette in mano.
Guardo Lorenzo, lui sa.
Mi guardo in giro con disinvoltura e togliendo la pelle gli rifilo in mano una fetta fingendo di masticare.
Lui subito se la ficca in bocca.

“Adesso nel frattempo preparo i cocktails!”

Oddio non l’ha detto davvero…

Tira fuori una bottiglia dalla dubbia provenienza, il liquido al suo interno è viola.
Leggo sul retro che si tratta di un liquore, sono un po’ perplessa.

“Lorenzo prendi il ghiaccio, di più, di più! Prendi dal frigo il prosecco che ti ho portato, vedrete!”

Sono già in ansia per la situazione di per sé, al tutto si aggiunge questa cosa imbarazzante di mio padre che, come ogni volta, deve fare il ragazzino.

Prepara il suo magico cocktail e la sua compagna (che però non si può dire sia la sua compagna mi raccomando) inizia a raccontarci di come hanno scoperto l’esistenza di questa bevanda così deliziosa.

“Andavamo sempre a fare l’aperitivo in un bar in città e ci davano da bere questo cocktail che a noi piaceva tantissimo così un giorno abbiamo chiesto cosa fosse e l’abbiamo ordinato su internet!”

Mh.

Mio padre non la considera minimamente, si taglia col coltello e bestemmia. Nel frattempo ha tirato fuori due scatole di plastica contenenti dei gamberi inguardabili.

E io dovrei dare al mio feto quella roba?

Ma non finisce qui, al suo magico risotto aggiunge del caviale rosso e dulcis in fundo del mascarpone.

Non ci posso credere.

E vantandosi aggiunge

“E ricordate sempre alla fine del risotto di aggiungere un cucchiaio di mascarpone!”

Non ho il coraggio di rispondere e lo guardo senza dire una parola.
Mi giro verso mio fratello che nel frattempo si sta scolando il cocktail ed è già un po’ brillo. Guardo il mio bicchiere, il livello è sceso, ma io non l’ho toccato… Lorenzo.
Sorrido.

Ci sediamo a tavola, lo chef ci riempie i piatti.

“Io non così tanto per favore!”

lo blocco prima che sia troppo tardi.

Durante quell’abominevole cena per mio padre non esisto, chiede in continuazione a Lorenzo come va il lavoro.
Perché lui lavora!
Io invece oltre a fare la mamma faccio poco e niente.
Pulisco la casa, cresco un figlio, faccio la spesa, il bucato, cucino, scrivo, leggo, studio russo…
ma non lavoro.

Sto per finire in silenzio quel piattaccio quando penso: ‘Cazzo, ma io il caviale lo posso mangiare?

Nessuno mi guarda, prendo il telefono e cerco in internet.
Ovviamente no, non lo potrei mangiare.
Va bene, se nei prossimi giorni ho febbre, dissenteria o simili sono fottuta.
Poi però penso che mio padre ha preso un prodotto super industriale e mi tranquillizzo.
Non è caviale fresco.

Nel frattempo abbiamo messo anche due lasagnette, orribili alla vista, nel forno a scaldare.

Mio padre si vanta

“Questo panettiere è incredibile, ha dei prodotti buonissimi.”

Infatti quasi nessuno ha toccato i suoi alimenti.
Le tira fuori.

Sono ancora fredde al centro e gli ingredienti fanno fatica a scendere fino allo stomaco, preferirebbero essere vomitati.

Samantha pende dalle labbra di mio padre, che chiama continuamente per cognome, che imbarazzo. Dice che una volta le ha preparato un risotto con l’osso buco: ‘Mai mangiato così buono!

Immagino, penso guardando mio padre che di gongola sempre di più.

“Sì, poi so fare anche il risotto di terra e di pesce (come stasera). E ricordate sempre il mascarpone!”

Ma basta!

Mio padre ha finito subito il suo drink e vorrebbe aprire una bottiglia di rosso o un passito.

Ma fortunatamente mio fratello che è più coscienzioso di lui, suggerisce di fermarsi perché il giorno dopo andrà a lavorare presto.

Mio padre è deluso, ma non insiste.

La cucina è disintegrata, lo chef ha persino rovesciato del risotto per terra.

Si alza come se volesse sistemare, mi alzo per dargli una mano.

Si risiede e mi dice

“Guarda c’è una macchia anche lì.”

Lo guardo in silenzio, sono un po’ allibita, ma almeno non devo stare a tavola con lui.

Pulisco pentole, piatti e fornelli.

Guardo l’ora e abbozzo un

“Devo andare”.

Siamo ancora nel periodo Covid-19.

Abbiamo il coprifuoco alle 22 e sono le 21.15.

Mi metto la giacca e lo stesso fanno i due ospiti.

Saluto mio fratello che non vede l’ora di andare a letto, bello brillo.

Scendiamo e vedo che mio padre e Samantha sono venuti con due macchine.

Mi dà uno strappo fino al parcheggio e nel breve tragitto mi dice, come per vantarsi un’ultima volta prima di tornare a casa

“Eh, adesso mi tocca chiamare l’altra”

(donna con la quale tradì mia madre molti anni prima).

Pensa di farmi ridere, ma io gli chiedo seria

“Ma non sei ancora stufo di averne più di una?”

Anche se la domanda che realmente vorrei fargli è

“Ma quando crescerai e ti comporterai da padre?”

La risposta sarebbe mai.

Lui risponde spavaldo

“Ah ma io non ne ho neanche una! Sono libero! Faccio quello che mi va!”

Rassegnata scendo dall’auto, salgo sulla mia e spero passi molto tempo prima di rivederlo di nuovo.

Camilla Chioda

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