Le porte della galera si chiusero sulla sua vita e lui non le vide.

Probabilmente era girato di spalle.

I disperati tentativi della famiglia di tenerlo lontano dai guai erano valsi quel che potevano.

Praticamente, nulla.

Ormai la cocaina gli aveva mangiato l’anima.

Eppure gli si aprì un sorriso sulle labbra quando l’ultimo giorno di visita, i suoi genitori si presentarono insieme.

Aveva finalmente riunito la figura materna e quella voce maschile che per anni aveva ascoltato solo per telefono.

I migliori ginnasti e trapezisti non avrebbero mai potuto cogliere i salti mortali, che in quel momento egli compiva con la memoria, per recuperare da un’infanzia lontana quella stessa immagine.

– Che bei tempi erano quelli! –

pensò.

Paragonati a questo che stava vivendo, probabilmente qualunque altro tempo sarebbe stato migliore.

Ma lui, di tempi ne aveva conosciuti solamente due, ed entrambi lo avevano imprigionato.

Si passò il dorso della mano sul viso per asciugarsi le lacrime e si accorse che perdeva sangue dal naso, ma non se ne preoccupò più di tanto.

Ormai ci era abituato.

Anche quando la polizia stradale lo fermò il naso sanguinava a fiumi; tuttavia ebbe la prontezza di inventarsi un miracoloso ritrovamento, quando un agente rinvenne nell’auto una borsa con 500.000 euro di cocaina.

– L’ho trovata! Sì! L’ho trovata! –

poi non aggiunse più nulla.

Non che si aspettasse che gli credessero, ma anche in pessime condizioni l’istinto di sopravvivenza porta a selezionare automaticamente il male minore.

Forse non era neanche quello.

Forse intuì che spesso per vivere al di fuori delle regole, ci si assoggetta a regole più ferree.

La regola fa parte del sistema.

Lecito o illecito che sia, ne determina l’armonia.

Si sentì come un asino in mezzo ai suoni e, non sapendo dove andare, si limitò a restare lì, fermo.

In fondo era fermo da sempre.

Aveva vissuto un infinito corrersi intorno.

Si era avvitato su sé stesso.

Un cane che si morde la coda, senza riuscire mai a staccarsela.

Si spense la sigaretta sul braccio per allontanare i pensieri, ma lo stratagemma non funzionava più da tempo, se mai avesse funzionato.

Fece un paio di tiri al tubo della bombola di gas butano, che in cella davano per cucinare, e si sdraiò.

Ne aveva già fatte fuori due quella settimana.

Alla terza, smise.

Giancarlo Pansini

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