I ricordi e le speranze.
Quando ero piccolo, ai tempi in cui le strade cantavano, vi erano solo le canzoni alla radio e, per alleggerire la povertà del dopoguerra, circolavano dei fotoromanzi che si passavano di mano in mano.
Amavo ascoltare i ricordi dei vecchi i quali seduti davanti all’uscio di casa, con la mantella e la coppola, prendevano il sole fumando un poco di trinciato nella loro pipa di terracotta, e ogni tanto aspiravano un poco di tabacco dal naso che li faceva starnutire scaricando le pressioni provocate dal muco che si accumulava nelle fosse nasali.
Rimanevo incantato ad ascoltare le loro storie che parlavano di un vissuto fatto di sacrifici e di patimenti, quelle storie venivano meditate e assorbite dalla mia mente, stabilendo così un contatto che affettuosamente si trascinava nel tempo: la strada pulsava di vita propria, noi bambini giocavamo e la sera i grandi, specialmente d’estate, discorrevano dei fatti del tempo con le loro speranze per il futuro.
Oggi tutto appare stravolto dai numerosi media presenti nel nostro quotidiano e dalle infinite distrazioni che esistono e che condizionano la vita dei bambini, confinandoli in un mondo sempre più virtuale, avulso dai contatti umani, tanto che non sanno più relazionarsi con il prossimo, se non attraverso monosillabi, talvolta incomprensibili, attinti dai vari videogiochi o dalle serie di fumetti divorati attraverso la televisione.
Gli adolescenti si alimentano di sogni virtuali che spesso, non realizzandosi li colmano di delusioni.
I ricordi sono rimasti chiusi nello scrigno dei vecchi e raramente viene riaperto; solo l’anziano ripercorre, nella sua mente, il suo vissuto e le battaglie che ha dovuto combattere, trattenendo a stento qualche lacrima che inumidisce gli occhi che vagano in immagini del passato e che indugiano sulla vita che è scorsa velocemente, trascinando cose e persone dietro la tenda di un sipario teatrale che, per essere definitivamente chiusa, attende soltanto la fine dello spettacolo.