“Un cedimento! Un banalissimo momento di debolezza!”.

Se fosse bastato dirti questo per lenire ogni affanno del tuo cuore, avrei speso queste ed altre parole. In cuor mio posso solo dire che le alchimie dell’amore portano in dote molte controindicazioni e che nel gioco degli incanti, realtà e finzione non sono sempre facili da distinguere. Non mi aspettavo una tale reazione da parte tua quando ho voluto Creusa al mio fianco invece che te. Ben sapevo che i nostri figli ne avrebbero pagato lo scotto più alto.

I nostri figli.

I miei ed i tuoi.

Ricordo ancora come ci chiamavamo nell’intimità spogli di ogni lignaggio abbandonandoci alle dolcezze dell’amore.

Era bello nonostante da parte di entrambi gli intenti fossero diversi dal chiamarci “Meddy” e “Giasy“.

Io avevo bisogno di te e tu di me, ma l’amore tu ben sai, non ha bisogno di nulla.

Non sono stato onesto e questo lo so, ma entrambi ci siamo lasciati consumare da chissà quale bramosia di felicità, sugellando ad ogni bacio un contratto che imprigionava il tempo presente e quello a venire all’ottenimento di tale soddisfazione.

Ma anche la felicità non chiede nella.

Come l’amore è o non è.

Io non indosso più velli d’oro ed immagino i diademi sul tuo capo spogli di ogni pietra preziosa.

Se un tempo sognavo, nel momento dell’ultimo commiato, di solcare lo Stige issando le mie di vele, con il senno del poi, ho sperato, in un tempo lontano, di portare i turisti al largo ad ammirare il guizzo dei delfini o ad ascoltare il canto delle sirene.

A volte nei miei sogni più intimi ho immaginato te, me ed i ragazzi navigare le acque dello Jonio o semplicemente andare a pescare, e anche ora che l’albero maestro della Argo pesa sul mio corpo immobile, immagino te al mio fianco mentre il sole bacia i nostri volti e come tu ben sai, il sole bacia i belli.

Giancarlo Pansini

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