Domani lasciamo l’istituto.

Dormiamo insieme un’ultima notte.

Domani, no.

Hanno trovato per noi qualcuno disposto ad accoglierci e ad amarci, o almeno così dicono.

Dicono anche che purtroppo dovranno separarci, ma che non ci dobbiamo preoccupare.

Faranno in modo di farci incontrare il più possibile.

Non staremo più nella stessa casa, non staremo neanche nella stessa città.

La direttrice dell’istituto ci rassicura sul fatto che le due città non sono distanti tra loro.

Ce le indica anche su una cartina.

<<Guardate>>

ci dice.

<<Non distano neanche un dito tra loro.>>

Io mi chiedo soltanto se anche questo strappo farà male come lo strappo dai nostri genitori.

Abbiamo pianto tanto quando ci hanno sottratto ai loro abbracci, o i loro abbracci, troppo deboli, hanno ceduto non riuscendo più a stringerci tutti.

Io ho otto anni e sono il maggiore di quattro fratelli.

Due maschi e due femmine.

Domani, io e mia sorella di quattro anni, saremo non so dove e non so con chi.

L’ altra mia sorella, la più grande delle due, sarà con nostro fratello più piccolo ad un dito di distanza su una cartina.

Mia sorella, la più grande delle due, è dislessica.

Io non so cosa significhi questa parola, come non so cosa significhi i la quasi totalità delle parole che mi vengono dette.

Ho raccomandato ai miei fratelli e alle mie sorelle di non avere paura, di comportarsi bene e per rabbonire questo nuovo mondo di adulti, di chiamarli mamma e papà.

Io nel frattempo sto studiando un piano per fuggire tutti insieme.

Non ho ancora ben chiaro dove andare, so solo che non torneremo indietro.

Giancarlo Pansini


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