Per tutta la vita

Si guardano negli occhi i due manichini avvolti nel cellophane, sopra la pedana, in una vetrina dei grandi magazzini.

Aspettano l’arrivo del facchino che, il giorno dopo, li condurrà in un luogo a loro sconosciuto.

Lei, magra con un seno a forma di goccia, è dotata di un fondoschiena cesellato e giustamente proporzionato alle gambe affusolate.

Sulla testa ha una parrucca nera, taglio a caschetto.

Lo sguardo vacuo dei suoi occhi color pervinca, ne rivela un animo triste e inconsolabile.

Lui è il classico borghese da quartieri alla moda, con gli occhi marroni, i capelli bruni, sui quali, dal lato destro, si lascia andare un ciuffo ondulato.

Ha la bocca schiusa, dalla quale trapela un sorriso opaco ma bianco.

La luce al neon intermittente di un fast-food, rossa e bianca, riverbera la vetrina di colore, nella quale i due modelli di figura umana, ognuno sul proprio piedistallo, appaiono ai passanti come due ballerini in una discoteca, sui rispettivi cubi.

Si ferma davanti alla vetrina una giovane signora, con un cappellino anni Trenta, agghindata in un tailleur in gabardine in tinta unita, un capo sicuramente di alta fattura sartoriale, che le conferisce un aspetto elegante.

Fuma una sottile Winston Silver, che cinge tra le dita tremanti.

Piange, il mascara s’insinua nei solchi rugosi delle palpebre inferiori, i rigoli neri scivolano sugli zigomi pronunciati, e graziosamente tinti da una polvere rosa.

Si poggia con il braccio destro sulla vetrina, mentre il fumo della sigaretta oscilla irregolarmente nel fascio di luce rapsodico.

La figura femminile inumana, di là dalla vetrata, inclina verso il basso la sua testa snodabile, e al sentimento compassionevole per quella donna fuori, si sovrappone un astio quantomeno decifrabile,

“È così bella… quasi umana!”

Anche lui, ha il viso contratto in una smorfia di afflizione per sé stesso e per la sua compagna che gli è stata fedelmente accanto per molti anni.

Fuori, intanto, un uomo verosimilmente identico al manichino, con le scarpe lucide bordò, si avvicina a passo deciso, schivando le poche pozzanghere di acquerugiola che ha lasciato esigue tracce di sabbia su tutta la città.

La donna, ignara di quella figura alle sue spalle che sta per raggiungerla, è intenta a guardarsi in uno specchietto da borsetta, impreziosito da un decorativo piccolo cuore di Swarovski.

Si tampona, con un soffio di cipria, il viso angelico.

Poi si volta, e Giorgio è lì davanti a lei, con il suo solito sguardo ammaliante.

“Ti prego Sonia, perdonami. È stato un errore, lo so, non avrei dovuto tradirti.”

 “Non m’incanti, è già la terza volta in tre anni che stiamo insieme. Basta, chiudiamola qui. Odio la vita, sono oltremodo infelice”.

Non accadrà più, te lo prometto. Ho ceduto alle insistenti avances di Ines, in un momento di malinconia”.

“Ines…? Anche lei!”.

Sonia sorride amaramente.

Sfila un’altra sigaretta dal pacchetto di sigarette sgualcito, la accende e aspira ingordamente per poi rigettare il fumo sulla vetrina.

 Fissa ora il manichino donna, inverosimilmente somigliante a sé stessa.

“È così bella… quasi umana!”

pensa.

Anche Giorgio nel silenzio della sua meschinità, osserva la figura maschile, così simile a sé stesso e riflette:

“E’ il mio sosia, è come se qualcuno per progettarlo avesse usato il mio calco. Com’è possibile!”.

Questa volta la pioggia si scatena violenta, fragorosa, ha già allagato le strade.

Un bambino piange in braccio alla mamma, che lo porta al riparo sotto il tettino di un gelataio ambulante, ora ride: ha in mano un lecca lecca a forma di Snoopy.

Un rigattiere tira il suo carretto che non si muove, invischiato tra le rotaie del tram.

Un uomo attempato con una grossa cicatrice sul mento corre ad aiutarlo. Riescono a sbloccare il piccolo mezzo, e lentamente come due vecchi amici si dirigono a un bar. Giorgio e Sonia, ognuno nel proprio silenzio, guardando la pioggia, si tengono al riparo sotto il cornicione sovrastante la grossa vetrina.

Un fulmine esplode improvviso sbranando il cielo, illuminato come da esili rami d’albero che precipitano nel vuoto, sotto la crosta terrestre.

La città è piombata nel buio, le strade catramose e solinghe, sono state abbandonate dai lampioni.

C’è un odore, nell’aria rinfrescata, di fili elettrici bruciati. Non c’è più nessuno davanti alla vetrina. Soltanto una sostanza di plastica fusa, divisa in due montagnole impaludano nell’acqua piovana, in cui brilla un cuoricino di Swarovski.

Un uomo, probabilmente durante il nubifragio, ha perduto una scarpa lucida bordò.

Ormai è giorno.

Si allontanano, mano nella mano, i due manichini per strada. Lei ha sulla testa un cappellino anni Trenta, sul quale è appuntato un lungo strascico di cellophane. Lui con lo sguardo ammaliante le sorride, giurandole fedeltà per il resto della vita.  

Angela Rini

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