Oggi le nuove generazioni si trovano a dovere fronteggiare il “voglio” imperativo dei propri figli, essendo loro stessi allevati in una epoca di permissivismo che provvedeva immediatamente a soddisfare le richieste dei propri figli, che orgogliosi le esibivano di fronte ai loro coetanei contribuendo così ad esacerbare le differenze tra chi può e chi non può.

Per noi più vecchi, che proveniamo dal dopoguerra, ogni cosa che si riusciva ad avere era apprezzata e custodita dagli insulti del tempo e quando si giocava con essa, al termine veniva riposta nello scatolo apposito con grande cura.

In fondo se ci riflettiamo, il “voglio” è stato sempre fonte di invidie, odi e rivalse che hanno condotto sempre violenze e sopraffazioni nei confronti del nostro prossimo in ogni tempo.

Intendiamoci, il “voglio” in alcune eccezioni può essere salutare, quando è indirizzato verso obiettivi nobili come per esempio il “volli, sempre volli, fortissimamente volli!

Vittorio Alfieri scrive nella sua autobiografia che veniva castigato con una retina che doveva portare sulla testa e che quando, finalmente, decise di studiare veramente si faceva legare alla sedia e studiava le materie classiche che il suo precettore gli ammanniva.

Se ci riflettiamo il “voglioesclude il nostro prossimo da ogni considerazione ignorandolo e facendo di tutto per raggiungere il nostro desiderio.

Il ” vorrei” al condizionale, invece, genera una riflessione che ci impone di valutare se il nostro desiderio arreca danno al nostro prossimo e lo confina nella sfera dei sogni che si possono realizzare senza arrecare danno ad alcuno.

Noi vecchia generazione, padri e madri della attuale, coniugavamo il verbo volere al condizionale perché ad ogni nostra richiesta, viste le famiglie numerose che allora erano comuni, ci si opponeva una turnazione specifica e razionale che capivamo e che nel nostro intimo diventava partecipe della nostra esistenza.

A volte gli abiti dei nostri fratelli ci venivano passati e noi li indossavamo regolarmente senza alcuna protesta.

Io penso che se nelle famiglie attuali si correggesse il “voglio” con il “vorrei” tante diatribe e tante incomprensioni sarebbero fugate perché il “vorrei”, spinge ad una introspezione che ci proietta verso un altruismo, mentre il “voglio” ci rende miseri ed egoisti!      

Marcello Marchesi nel suo libro, “Essere e benessere”, diceva: “L’erba voglio cresce come il fieno nel portafoglio pieno!”

Vittorio Luciano Banda

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