<<E se qualcuno mi vede salire? Io non c’entro nulla con la manutenzione della barca, anzi scusa dello yatch!>>

Marco si guardò attorno cercando di imitare buffamente Eleanor che guardinga scrutava la banchina e le altre barche ormeggiate in cerca di chissà chi.

<<Tu vedi qualcuno?>>

 disse lui in tono leggermente drammatico e poi ritornando a guardarla aggiunse

<<Qui entra solo chi ha le chiavi del cancello, il guardiano che ci ha fatto passare ha già visto che sono io.>>

<<Il guardiano?>>

<<Non ti sei accorta che ho rallentato per salutarlo?>>

e dopo un attimo aggiunse sorridendo

<<…è vero eri troppo intenta a sistemarti i capelli scompigliati dal vento.>>

 e rise ancor di più guardando la capigliatura tutta arruffata della ragazza.

Eleanor, prontamente, cercò di sistemarsi l’acconciatura e, sempre in quell’istante tempo, afferrò la mano di Marco per farsi aiutare a salire a bordo, fingendosi offesa per la sua battuta.

L’ondeggiare improvviso della barca le fece quasi perdere l’equilibrio, ma lui, con la sua presa sicura, la trattenne a sé, finché lei non si abituò a quel movimento ondulatorio.

Eleanor si tolse le scarpe, i suoi piedi ebbero la sensazione di camminare sul velluto, il pavimento di legno levigato era così morbido e caldo che avrebbe fatto concorrenza anche al più pregiato dei tappeti persiani; tenendosi ancora per mano salirono tre piccoli gradini e in cima ai quali lui le indicò un divanetto verde posto sulla poppa della barca, dove la invitò a sedere.

<<Io controllo un po’ di cose e poi ti faccio fare il giro turistico.>>

Eleanor si accomodò, la giornata era calma, il sole caldo di metà agosto era alto in cielo, il mare la cullava dolcemente, i gabbiani volavano alti sopra di lei e stridevano come a salutarsi.

Marco aprì la porta scorrevole davanti a lei e sparì all’interno della cabina; lo sentiva armeggiare all’interno, ma non riusciva a vedere bene dov’era e cosa stesse facendo; lei si rilassò e lentamente chiuse gli occhi, mentre si lasciava cullare dalle onde e dal profumo salmastro del mare.

<<Ehi, bella addormentata, sveglia!>>

<<Non sto dormendo, mi sto rilassando.>>

e appena aprì gli occhi lui la baciò dolcente sulla fronte.

<<Vieni, ti faccio fare il tour dello yatch!>>

E mano nella mano, iniziò a farle da guida:

<<Qui ci troviamo sul ponte a poppa della barca e questa davanti a te è la cabina con un sacco di cose interessanti dentro, ma la vediamo dopo.

Prima di tutto, devi stare attenta al parapetto della barca, perché è basso; quindi, tieniti sempre molto vicina alla parte della cabina così eviti di farti il bagno.>>

Percorsero lo stretto corridoio sul lato destro della barca.

Eleanor stava appiccicata alla cabina e faceva molta attenzione a non cadere in acqua, mentre Marco proseguiva con la descrizione dello yatch.

<<Adesso siamo nella prua della barca, questa parte un po’ rialzata proprio sotto al posto di guida del capitano>>

disse indicando il timone che si intravvedeva all’interno della cabina

<<si chiama castello, solitamente si appoggiano anche gli asciugamani che si usano per prendere il sole.>>

<<Che strano, in centro al castello c’è una finestra!>>

<<Non è una finestra, si chiama oblò>>

precisò Marco, proseguendo dall’altro lato della barca.

Intanto, un motoscafo passò accanto al loro yacht a velocità sostenuta e creò forti ed alte onde che sbattendo sulla barca la fecero oscillare: Marco ed Eleanor in quel momento si trovavano nel punto più stretto del corridoio. Eleanor perse l’equilibrio e rischiò di finire in acqua, ma Marco la strinse energicamente a sé evitandole così di farle fare un bel bagno con tutti i vestiti addosso.

<<Vai piano!>>

urlò in direzione del guidatore del motoscafo che aveva già raggiunto l’uscita del porto.

<<Non dovrebbero correre così in questo canale, ma se nessuno li controlla.>>

Eleanor era ancora stretta a lui, in una morsa forte e sicura, lui le sollevò la testa delicatamente e le chiese:

<<Stai bene?>>

<<Si, benissimo.>>

e stringendosi ancor di più a lui aggiunse

<<mi sembra un sogno essere qui con te, aspettavo da anni che tu ti decidessi a guardarmi come una donna e non come una ragazzina.>>

<<Dai, proseguiamo il giro.>>

propose lui impacciato e cambiando discorso

<<Ah! Ma il giro è finito!>>

 esclamò Eleanor rendendosi conto che erano di nuovo a poppa.

<<Sicura?>>

e così dicendo fece scorrere la porta a vetri e, con un inchino, la invitò ad entrare.

<<Ecco dov’eri sparito prima. Wow! È una super cabina questa! Cucina, zona pranzo…>>

Eleanor sfiorava le superfici della mobilia con la mano, era come se fosse tutto un sogno, il toccarle le rendeva reali.

<<Vieni, scendiamo sottocoperta!>>

Marco le prese la mano e la accompagnò di sotto.

L’ondeggiare della barca le provocò una lieve sensazione di nausea, ma passò quasi immediatamente e lo stupore prese il sopravvento.

Un piccolo disimpegno si apriva su una camera da letto situata proprio sulla prua della barca, un letto circolare occupava quasi tutto lo spazio; i cuscini verdi posizionati sopra un trapuntino verde luccicavano al bagliore del sole che passava attraverso due piccoli oblò situati a pelo dell’acqua.

Da bravo cicerone Marco continuò

<<Dietro questa porta c’è il bagno con tanto di doccia>>

aprì la porta alla sua sinistra e Eleanor sbirciò al suo interno.

<<mentre se torniamo un attimo nel disimpegno qui a destra c’è una seconda camera.>>

Quella era piccola, Eleanor diede solo una rapida occhiata, notò due letti a castello e non poté non associarli alle cuccette di un treno notte.

<<Bene, adesso il giro è finito. Che te ne pare?>>

<<Mi sembra tutto stupendo, ma sbaglio o a sti tedeschi piace il verde?>>

<<Si, l’hai notato?!>>

e guardandosi attorno scoppiarono a ridere.

Tutto dalla cabina, al bagno, alle camere da letto aveva qualche accessorio verde, persino i sanitari erano verdi.

<<Lo yatch si chiama DIE JADE, che in tedesco vuol dire la giada. I proprietari in Germania possiedono un’oreficeria e trattano molto spesso anche pietre preziose; da quello che ho capito la giada è la loro pietra preferita o portafortuna, non parlano bene l’italiano e non sempre li capisco. Anche il loro negozio porta questo nome, o una cosa simile non ricordo.>>

E grattandosi la testa in cerca della parola giusta si voltò verso la scaletta e fece per risalire.

<<Sto proprio bene qui con te!>>

disse Eleanor e tirandolo a sé lo baciò.

<<Potrebbe essere pericoloso restare qui sotto, in una camera da letto, da soli.>>

<<Pericoloso per chi? Per te o per me?>>

lo sfidò con lo sguardo e si voltò dandogli la schiena.

Eleanor si ritrovò difronte ad uno specchio che rifletteva interamente la sua immagine. Lui, dietro di lei, era intento ad osservarla mentre, distrattamente, si sistemava i capelli.

Le appoggiò le mani sui fianchi e la baciò sul collo.

Osservavano entrambi la loro immagine riflessa nello specchio, come spettatori di un film.

Le mani di lui iniziarono ad esplorare il corpo di lei e lei acconsentì: assaporava tutte le sensazioni che queste sue carezze le procuravano, sensazioni per lei nuove, mai sperimentate.

Lasciò che lui la spogliasse, che lui la guardasse fin dentro alla sua anima.

-si sono pronta-

pensò lei

-lo voglio fare-

Ma d’un tratto lo sguardo di lui mutò.

<<Che c’è?>>

 sussurrò Eleanor conscia di interrompere la magia del momento.

<<Che c’è?>>

incalzò non avendo risposta.

<<Non posso, non possiamo!>>

balbettò Marco imbarazzato

Sul volto di Eleanor si disegnò un profondo stupore: non era così che si era immaginata quel momento.

<<Come non puoi?>>

Marco si allontanò da lei e abbassò lo sguardo.

<<Cosa cerchi per terra?>>

lo rimproverò.

<<io sono qui, davanti a te, nuda>>

il suo tono di voce ora era stridulo e rabbioso.

<<Vestiti ti riporto a casa!>>

 concluse lui e salì in fretta la scaletta lasciandola lì da sola.

Eleanor si ricompose e inciampando per le scale corse su intenzionata a fargli una mega scenata, ma quando giunse in cabina lo vide seduto sul divanetto a poppa con la testa cinta tra le mani.

Percepì la disperazione di lui e avvicinandosi piano gli sedette accanto.

<<Scusami>>

 disse lui senza neanche alzare lo sguardo.

<<Non avrei dovuto spingermi tanto oltre>>.

la sua voce faceva trasparire un profondo senso di colpa.

<<Ti ho stuzzicato anch’io.>>

<<Sì, ma l’adulto sono io.>>

-ma che vuol dire l’adulto sono io-

urlò nella sua testa Eleanor (il suo autocontrollo le permise di non gridarglielo in faccia).

Eleanor pacatamente mormorò

<<Ma quella rimasta nuda di sotto ero io!>>

Lui alzò lo sguardo perdendosi negli occhi di lei per un lungo istante e poi l’abbracciò forte.

<<E’ un mio problema>>

si giustificò.

<<Per me, la nostra differenza d’età è un grande ostacolo.>>

<<Sono solo 10 anni.>>

 minimizzo Eleanor.

<<E poi tu sei ancora minorenne, se lo vengono a sapere i tuoi?>>

<<Io non glielo dico di sicuro.>>

<<Ecco, brava, facciamo che non lo raccontiamo a nessuno, neanche alla tua amica Lucy, facciamo che non è successo nulla!>>

E guardandola rimase in attesa di un suo cenno d’assenso.

<<Va bene>>

accettò lei

<<Questo sì, che è parlare da persona adulta.>>

Una promessa che Eleanor aveva mantenuto, da principio per la vergogna di esser stata lasciata nuda e sola davanti a quello specchio.

Ancora oggi, nonostante il lungo tempo trascorso da quell’incontro, Eleanor continuava a mantenere e a rispettare quella promessa, un segreto che la univa in qualche modo a Marco, decidendo così di conservare quel ricordo tutto per sé.

Era una di quelle rare cose che nessuno saprà mai, né la sua miglior amica, né tanto meno suo marito.

Quel ricordo custodito tanto gelosamente era solo suo, suo e della persona che lo aveva vissuto con lei, Marco.

Luana Cechet


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